Heal the World Project

Le radici e i percorsi dell'identità globale di Michael Jackson

« Older   Newer »
  Share  
Domynick
view post Posted on 27/7/2012, 19:41




(di Sylvia J. Martin)

Nel 2011, il regno della cultura popolare Americana ha provato un sussulto quando un'icona Americana ha deciso di diventare globale. Nel numero 900 di “DC Comics” (è una delle più importanti e attive case editrici di fumetti negli Stati Uniti d'America, tra i suoi simboli ci sono personaggi come Superman, Batman e Wonder Woman, ndt), Superman ha rinunciato alla sua cittadinanza statunitense. Sostenitore del "modello americano,"Superman ha deciso che la sua missione per la giustizia dovrebbe comprendere le persone ed i fenomeni al di là dei confini territoriali degli Stati Uniti, dopo essersi sentito moralmente obbligato a sostenere i dimostranti non violenti in Iran. Le ripercussioni delle azioni di Superman hanno creato complicazioni per la politica estera degli Stati Uniti, e ha costretto l'egida dell’eroismo americano a differenziarsi ufficialmente per la sua posizione da quella del governo degli Stati Uniti. Eppure, mentre Superman continua a vedere il mondo come sempre più interconnesso e si sforza di diventare un cittadino del mondo, gli editori di “DC Comics” Jim Lee e Dan Didio insistono sul fatto che Superman rimane vincolato alla sua base americana. Dopo tutto, l’alter ego di Superman, Clark Kent, è cresciuto nel cuore Americano. Non ci sono solo icone immaginarie che rappresentano alcune sfaccettature dell’identità "all - American", che sono diventate soggetti cosmopoliti nel nostro mondo sempre più connesso, ma ci sono pure quelle vere. Anche se pochi hanno preso la drastica decisione di rinunciare alla loro cittadinanza statunitense, icone americane come Bill Gates e Oprah Winfrey, sono stati influenzati dalla circolazione globale dei loro prodotti così come le loro persone.

Eppure, anche se la frequenza con cui le persone ed i media oltrepassano sempre più i confini, rivelano che il transnazionalismo costituisce una caratteristica radicata e suggestiva dell'identità americana, l'identità nazionale resta una cornice predominante come realtà sociale e oggetto di analisi per le sue formazioni ed esternazioni specifiche, rese complesse dalla razza, classe e identità sessuale. Come Superman, Michael Jackson è un'icona americana che è diventata globale. La sua capacità di fondere insieme l'Africa occidentale, gli afro-americani, e le influenze musicali anglo-europei, nonché gli stili della coreografia del ghetto americano, Fred Astaire, e il mimo francese Marcel Marceau, ha supportato in linea di massima la maestria di Jackson, incluso il fascino. Dalla Svezia alla Corea del Sud, le riprese dei tour mondiali di Jackson mostrano i fan che applaudono, che cantano, che piangono, e che svengono mentre si esibiva, nonostante le polemiche che lo circondavano. La sua mobilità geografica ha ampliato la sua visione multinazionale;durante le molte pause dei suoi tour mondiali visitava anche ospedali e orfanotrofi ai quali donava denaro, regali e risorse.

Nel 1992 ha fondato la "Heal the World Foundation", che trasportò 46 tonnellate di forniture in una Sarajevo devastata dalla guerra. Secondo il libro dei Guinness dei primati, Jackson durante la sua vita ha donato una cifra stimata ai 300 milioni di dollari in beneficenza. Della sua filantropia Jackson commentava: "non potevo vedere e non essere toccato dalle cose che ho visto, come in quel villaggio in Cina, e le cose che ho visto in Africa e in Russia e in Germania e in Israele". Queste esperienze hanno determinato i suoi messaggi nelle canzoni come "Heal the World", "They don’t care about us" e "Earth Song" (vedi Vogel). Dalla sua morte nel 2009, i fan hanno commemorato Jackson erigendo sue statue in Inghilterra, in Cina, in Russia e in India. Tuttavia, Jackson era un'icona americana ed è stato il suo status negli Stati Uniti che ha lanciato la sua iconicità globale. Infatti, il giorno dopo che Jackson è morto, la Camera dei Rappresentanti a Washington DC, ha chiesto un minuto di silenzio per la pop star americana.

Ma quali sono i contorni precisi e le componenti dell'iconicità americana di Jackson? E come facciamo a capire le sfumature della sua identità razziale come afro-americano in relazione alla sua iconicità? La sua identità afro-americana è stata senza dubbio plasmata dalla storia della schiavitù, che ha menzionato nella sua autobiografia (Moonwalk), e alla quale fa riferimento nei suoi testi e nelle immagini visive. Eppure, mentre Jackson riconosceva le esperienze della schiavitù negli Stati Uniti dei suoi antenati, anche lui era uscito dalla migrazione forzata della diaspora Africana, e perciò era sempre già transnazionale. Il commercio transatlantico di schiavi africani ha implicato una stima dai 12 ai 20 milioni di africani occidentali costretti in schiavitù e spediti al Sud, al Centro e nel Nord America. In “Black Atlantic”, Paul Gilroy (professore presso la London School of Economics, ndt) sostiene che l'identità deve essere intesa in una prospettiva transnazionale e interculturale, al di là della stenosi dello stato-nazione.

Afferma quindi che non è sufficiente per analizzare le “radici" geografiche dell'identità nera, gli studiosi devono anche occuparsi dell'identità dei "percorsi", e la "interazione" che esiste tra di loro. Percorsi, per quanto se non più radici, che ci permettono di vedere l'identità come "un processo di movimento e di mediazione". I meccanismi delle categorie sociali, quali l’identità sessuale e il ceto sociale, variano attraverso i percorsi. Comprendendo la "politica dell'identità" si ottiene una più ampia comprensione antropologica dei flussi transnazionali di idee, obiettivi, costumi, e la fluidità della società. Riprendo l’appello di Gilroy per esaminare l'interazione delle radici/percorsi di Jackson e così facendo, espongo i modi in cui la sua iconicità americana è stata fondata sopra la sua multi-dimensionale identità americana, alimentata dalla sua iconicità globale.

Sostengo che districare nello specifico l'iconicità americana di Jackson, ciò che lui rifletteva e rappresentava dell'identità americana, ci aiuta a comprendere le radici e la determinazione della sua iconicità globale. Per farlo, ho esaminato in che modo la sua presenza carismatica è invocata nelle arene principali della vita contemporanea americana, come le cerimonie presidenziali, sportive, e militari. Queste arene sono anche spazi molto mascolinizzati, e le performance di diverso genere di Jackson e personaggi poliedrici aiutano a de-essenzializzare le normative etero della mascolinità ribadite in tali istituzioni. Ho poi discusso di come Jackson è stato sia criticato che celebrato negli Stati Uniti nelle storie razziali complesse del suo lavoro, in particolare nei suoi testi. Concludo seguendo la traiettoria del suo fascino transnazionale, che porta la sua iconicità fino in Cina e come è stata rafforzata dalla sua identità americana.

L'identità e l'iconicità nella vita Americana

Michael Jackson riflette e rappresenta le correnti della diversità dell'identità americana. Visto negli anni ‘70 come emblema del messaggio sulla “Parità dei Diritti Civili” (Dyson 1993), si era catapultato dallo status di performer bambino della classe operaia a editore miliardario della musica. Jackson, che ha infranto i record nel settore della musica americana vincendo il suo Grammy Award nel 1982 con l’album "Thriller", ha raggiunto un successo senza precedenti "attraversando" la cultura popolare globale americana. Il concetto importante di "crossover” è, in questo caso, il passaggio complicato di proteggere il pubblico di colore da quello bianco, era stata una tattica musicale e commerciale della Motown. La Motown di Detroit era l’etichetta discografica che aveva lanciato a 10 anni Michael Jackson ed i suoi fratelli in una serie di numeri uno come i “Jackson Five”. Il successo dei “Jackson Five”, timonati dal giovane Michael, era visto come l’aiutare la famiglia Jackson a realizzare il "sogno americano" della mobilità ascensionale sulla base della laboriosità.

Eppure la realtà vissuta del "sogno americano" generava alcune dinamiche inquietanti, in particolare per Michael Jackson. Dopo tutto, "il sogno americano era un discorso sia dell’essere bianco che sul razzismo", (Inderpal Grewal, professoressa all’università di Yale, ndt) un discorso reso evidente in momenti diversi, come nel 1980, quando il “Rolling Stone” rivista di primo piano di musica, rifiutò di mettere Jackson sulla sua copertina per il suo album "Off the Wall". Questo rifiuto spinse Jackson ad accusare la rivista di razzismo. Come nota bell hooks (Gloria Jean Watkins meglio conosciuta con il suo pseudonimo di bell hooks (volutamente in minuscolo), autrice americana, femminista e attivista sociale,ndt) i media di proprietà dei bianchi "hanno ammesso che il controllo sulle immagini è fondamentale per il mantenimento di ogni sistema di dominazione razziale". L'eredità di questo discorso del razzismo, risuona anche nel considerare a cosa Michael Eric Dyson (accademico americano, professore di sociologia alla Georgetown University, ndt) si riferisce come "apparente de-africanizzazione" degli interventi di chirurgia estetica di Jackson tra gli ideali oppressivi eurocentrici e gli standard di una industria dello spettacolo per lo più bianca.

Tenuto conto degli aspetti più strutturali della discriminazione razziale che permea tutti i settori dell’intrattenimento americano e contribuiscono ad orientare attori e cantanti asiatici, ebrei, latini, africani e altre etnie, di modificare, nel contesto, chirurgicamente le palpebre, il naso, gli zigomi, e varie parti del corpo, Jackson non può essere del tutto impeccabile, seguendo la logica di settore (che poggia su una logica culturale più ampia) di conformarsi ad una norma eurocentrica, al fine di raggiungere il successo commerciale in un settore prevalentemente bianco. Per quanto riguarda lo schiarimento della pelle di Jackson al quale anche Dyson si riferisce, il coroner di Los Angeles ha confermato nel suo rapporto dell'autopsia, che Jackson soffriva di vitiligine, un disordine che causa perdite irregolari di pigmentazione. Si ritiene che Jackson abbia subito un trattamento completo di depigmentazione che aveva schiarito la sua pelle in modo uniforme.

I membri della sua famiglia e del suo entourage, hanno parlato pubblicamente dopo la sua morte che Jackson aveva scelto questo trattamento, non insolito per le persone che soffrono di vitiligine, per i fini estetici uniformando le "macchie", come lui stesso descrisse gli effetti del disordine a Oprah Winfrey in una intervista televisiva del 1993. È importante sottolineare che, mentre il trattamento della pelle di Jackson ha generato la diffidenza e il sensazionalismo dei media, lui ha sfidato anche i concetti avuti sulla commensurabilità tra il colore della pelle e l’identità socio- razziale, usando il suo corpo come un modo per destabilizzare la percezione sull'essenzialismo.

Il "Re" e lo Stato

Mentre la celebrità di Jackson è facile da respingere per coloro che "non sono innamorati della cultura popolare", (Paul Hollander sociologo, ndt) per decenni Jackson è stato una forza carismatica, capace di "coinvolgere passioni e dominare le menti" (Clifford Geertz antropologo statunitense, ndt) e come tale, merita maggiore attenzione. Come ho sostenuto, Jackson ha scandito numerosi eventi determinanti nella vita americana, in particolare negli Stati Uniti all’apice della sua egemonia, con lo status di "superpotenza" alla fine della Guerra Fredda. Nella sua esposizione sulla nozione Weberiana del carisma, (Il sociologo Max Weber definì l'autorità carismatica come "fondata sulla devozione all'eccezionale santità, eroismo o carattere esemplare di una singola persona, e dei modelli normativi o ordini rivelati o impartiti da tale soggetto", ndt) Geertz esplora i “simboli del potere", esaminando come gli individui carismatici si collocano nei "centri vitali della società" nelle istituzioni sociali principali e nei fulcri dell’ innovazione attraverso forme spettacolari che ne consacrano il loro potere. Attraverso il loro coinvolgimento con la politica, le arti, la religione (e, vorrei aggiungere, i media e la tecnologia), le figure carismatiche confermano i loro interessi personali nelle storie culturali comuni sostenendole o sfidandole.

Jackson lo ha fatto sia attraverso la sua musica che in altre arene pubbliche per tutta la sua vita, come discusso di seguito. La presenza fondamentale di Jackson e l’invocazione nei settori centrali della vita americana, delle arti, politica, sport, e militari attestano, la sua personalità carismatica. Dopo i fenomenali successi degli album "Thriller" e "Bad", Jackson praticamente è diventato un ambasciatore culturale per gli Stati Uniti. Secondo Gerald L. Campbell, l'ex consulente della “United States Information Agency” per la promozione della diplomazia pubblica, le indagini intraprese dalla “Voice of America” nel corso degli anni ‘80 ha collocato Michael Jackson nella posizione più alta come artista pop per gli ascoltatori dell'ex blocco sovietico, con più del 50% di gradimento. Mentre i tour mondiali di Jackson erano stati sponsorizzati dalla Pepsi-Cola e non dal governo degli Stati Uniti (come era stato per i tour della "diplomazia jazz” durante la guerra fredda), la musica e la storia della vita di Jackson sono state sostenute in patria e all'estero come prova convincente dell’ascesa dell'individualismo americano, dell’imprenditorialità, del multiculturalismo, e del capitalismo dei consumatori.

Una delle istituzioni più visibili della società americana in cui Jackson è stato chiamato in causa e rappresentato, è stata la sede del potere politico americano: la presidenza degli Stati Uniti. Jackson è stato invitato più volte alla Casa Bianca a ricevere riconoscimenti da diversi presidenti degli Stati Uniti ed a promuovere cause amministrative e celebrazioni. Il riconoscimento più importante che Jackson ha ricevuto è stato il “Presidential Humanitarian Award” nel 1984 dal Presidente Reagan. Alla cerimonia della Casa Bianca per ricevere il premio dal presidente e da Nancy Reagan, Jackson eclissò la First Lady comparendo in uniforme militare, ornato con una selezione di lustrini scintillanti più comunemente visti nei vestiti da ballo delle donne sedute alle serate di gala della Casa Bianca. La sua scelta appariscente dell’ abbigliamento che comunque accennava alla militanza (un gesto astutamente ironico verso "Potere Nero"?) era in contrasto con il tradizionale tailleur scuro di Reagan. Jackson rappresentava una sfida sartoriale che rivelava "l'esistenza di uomini neri, il cui rappresentante creativo, aveva permesso loro di sovvertire le regole e di sviluppare modi di pensare sulla mascolinità che sfidavano il patriarcato" (bell hooks) in particolare il patriarcato bianco al suo centro geopolitico.